Un romanzo leggero e coinvolgente che racconta la Cina degli anni Settanta e la forza dei sentimenti.
Ieri sera, in sedici, ci siamo ritrovati per parlare di Balzac e la piccola sarta cinese di Dai Sijie. Il libro è stato apprezzato da tutti per lo stile fluido e piacevole: una lingua semplice ma curata, che rende la lettura scorrevole e coinvolgente.
Abbiamo condiviso il gusto per una storia d’amore raccontata con ironia e leggerezza, capace di alternare momenti teneri e scene vivaci, pur toccando un tema storico di grande peso: la rieducazione nella Cina di Mao. Proprio questa leggerezza, però, è stata letta da alcuni come un limite, quasi una superficialità nel trattare un periodo tanto drammatico. Al contrario, altri hanno percepito la vicenda come molto intensa, con emozioni forti e sentimenti ben caratterizzati.
L’elemento chiave del romanzo è la libertà: la libertà negata e perseguitata fino alla fine, incarnata nel finale della piccola sarta, perfetto e drammatico al tempo stesso. È significativo il fatto che i figli fossero costretti a scontare le colpe dei quadri, un tema che evidenzia la durezza del periodo storico.
Abbiamo molto apprezzato i tre personaggi principali, che rappresentano veri e propri archetipi: solo uno ha un nome, ma tutti e tre risultano ben caratterizzati e positivi. Ci ha colpito l’amicizia sincera, la lealtà e la storia d’amore che li unisce. Anche il finale non poteva essere diverso: i protagonisti fanno tutto il possibile affinché la piccola sarta si emancipi e diventi libera.
Il gesto finale dei libri rubati simboleggia la sottomissione al partito: un’amara consapevolezza che la dittatura ha sconfitto le idee individuali. I libri, che pure incarnano la libertà e il sapere, sembrano in quel contesto impotenti, quasi inutili di fronte al potere del regime.
In conclusione, Balzac e la piccola sarta cinese è stato unanimemente considerato un romanzo coinvolgente, capace di unire storia, sentimento e ironia, e di stimolare un confronto vivace e partecipato tra i lettori.
